La teleconferenza di martedì sera, connessi 17 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo l'intervista di Repubblica (05.09.23) a Daniel Susskind, professore di economia al King's College di Londra e autore di Un mondo senza lavoro, che afferma la necessità di cambiare paradigma dato che si sta stabilendo un nuovo rapporto tra lavoro e senso della vita: "l'idea di intraprendere una carriera, trascorrere diversi decenni a progredire e poi andare in pensione, è piuttosto superata".
Nell'articolo "Proletari, schiavi, piccolo-borghesi o... mutanti?", pubblicato sulla rivista n. 4 (2001), descrivevamo una serie di trasformazioni che all'epoca si potevano solo intravedere; allora, infatti, non c'erano i rider, non c'erano i clickworkers e di intelligenza artificiale si parlava poco:
"La struttura mondiale del lavoro sociale, la socializzazione crescente della forza produttiva umana, non possono non avere effetti materiali sulle forme in cui si manifesta lo sfruttamento. Se la miseria e il sottosviluppo odierni sono fenomeni modernissimi dovuti alla distruzione irreversibile dei rapporti antichi, l'estendersi enorme di rapporti di lavoro atipici nelle aree metropolitane non devono essere considerati fenomeni di regresso: saranno anch'essi a tutti gli effetti il risultato di progresso, quindi, per definizione, riflessi del futuro sul presente in via di liquidazione continua."
La teleconferenza di martedì sera, presenti 24 compagni, è iniziata dalle ultime notizie sulla diffusione del Covid-19 ed in particolare sulla scoperta di un nuovo focolaio in Cina.
Alcune testate giornalistiche minori (le maggiori non ne hanno fatto accenno) segnalano che nelle provincie nordorientali cinesi di Liaoning, Jilin e Heilongjiang sono state attivate nuove misure restrittive che coinvolgono un totale di 100 milioni di persone. A Shulan, uno dei maggiori centri della provincia di Jilin, un rigido lockdown blocca in casa 700 mila residenti: trasporti fermi, scuole, uffici e negozi chiusi, possibilità di uscire una volta ogni due giorni per fare la spesa per un solo membro della famiglia. Pechino si è mossa preventivamente per evitare quanto accaduto con la chiusura di Wuhan, quando decine di migliaia di persone fuggirono dalla città portando con sé anche il virus.
Mentre in Cina bastano poche decine di nuovi contagi perché si mettano in atto misure di contenimento drastiche, in Italia, e nello specifico in Lombardia, fabbriche, uffici, negozi e bar riaprono nonostante centinaia di nuovi casi giornalieri. Il comitato tecnico-scientifico che affianca il governo italiano nella gestione dell'emergenza ha espresso importanti dubbi sulle misure di apertura totale, ma il presidente del Consiglio ha spiegato che la politica deve rispettare le esigenze delle attività economiche e che il rischio di una crescita dei positivi è calcolato. Detto con altre parole, prima viene la salvaguardia dell'economia nazionale e poi quella degli uomini. In Germania, dove sembrava che l'epidemia fosse sotto controllo, si sono presentati nuovi focolai in diversi mattatoi e sono decine i lavoratori infettati e centinaia quelli messi in quarantena.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata dal commento di alcuni dati sull'agricoltura.
Come scritto in L'uomo e il lavoro del Sole, si produce fin troppa quantità di cibo a scapito della qualità. Il capitalismo, un modo di produzione ultra-dissipativo, impiega la maggior parte dei cereali prodotti per ingrassare gli animali da allevamento o per farne combustibile per le macchine. In futuro si tratterà di recuperare le capacità raggiunte dalle società antiche comunistiche: produzione e distribuzione centralizzate e sottoposte a un piano unitario con tanto di ammasso delle scorte a fini redistributivi. Altro nodo importante è quello delle biodiversità: se non viene conservata la varietà dei semi, l'umanità rischia di perdere per sempre le "sue" ricchezze naturali (molteplicità degli organismi viventi e dei rispettivi ecosistemi).
Si è poi passati a commentare le ultime notizie in merito al reddito di cittadinanza. Secondo il presidente dell'Istat, Alleva, il disegno di legge del M5S per il sostegno al reddito ha un costo di 14,9 miliardi di euro. Fino a qualche anno fa chi parlava di salario sganciato dall'obbligo al lavoro era considerato "iperuranico", oggi constatiamo che sono molti a porsi il problema di un sussidio universale di disoccupazione. I borghesi non dormono sonni tranquilli: il governatore di Bankitalia dice che "è da vent'anni e più che l'Italia non cresce". A qualcuno comincia a venire il sospetto che invece di bruciare miliardi per salvare le banche, si potevano spendere per sostenere i redditi dei "cittadini" e così riattivare i consumi.
Il 21 gennaio alcuni compagni hanno assistito a Torino alla presentazione di Il sangue di tutti noi, il libro di Giorgio Bona sulla vicenda di Mario Acquaviva. Il testo è un docu-romanzo su uno degli assassinii politici perpetrati dagli stalinisti contro le correnti che avevano rifiutato la "bolscevizzazione" dell'Internazionale, e cioè la politica del Fronte unico con forze borghesi, l'organizzazione per cellule di fabbrica invece che per sezioni territoriali e in generale la spregiudicatezza tattica con le relative oscillazioni delle "parole d'ordine". Curioso il video pubblicato su Repubblica, fino a poco tempo fa inconcepibile data la sistematica, pluridecennale opera di cancellazione dalla storia ufficiale di ogni riferimento alla Sinistra Comunista, che pure aveva la grandissima maggioranza degli iscritti entro il PCd'I.
Ho letto l'articolo sull'uomo-industria (n. 19 della rivista), che peraltro mi è piaciuto molto, e sono rimasto colpito dalla determinazione con cui criticate il cosiddetto primitivismo. Leggendo la rivista vedo che avete assunto un'impostazione molto ottimistica sui risultati attuali della scienza. Vi confesso che ho molto meno fiducia di voi nelle possibilità della scienza borghese. Essa non potrà mai rappresentare un fatto positivo nella transizione da una società all'altra ma dovrà essere demolita dalle fondamenta, come del resto sembra dire anche Bordiga nelle riunioni degli anni '60 da voi pubblicate sul numero doppio 15-16.
Come vedrete dai due documenti che allego, anche nella sinistra francese c'è una grande discussione su natura, scienza e tecnologia, specialmente a proposito di Internet e della scomparsa del valore, del lavoro gratuito, della smaterializzazione delle merci, etc. ma qui il modo di fare politica è ancora molto tradizionale e non sembra che il movimento primitivista sia importante come negli Stati Uniti e nemmeno che possa diventarlo.
Non mi è chiaro il meccanismo di fondo della legge del valore in tutte le sue concatenazioni. Leggendo la rivista mi sono chiesto, forse ingenuamente, per quale motivo la tendenza generale del capitale a sostituire la forza-lavoro con le macchine non si possa estendere fino ad eliminarla del tutto. Qual è la forza che nega questa possibilità? Lo so che la risposta è: la valorizzazione del capitale necessita della forza-lavoro da cui estrarre plusvalore; lo so che, senza operai, niente plusvalore! Benissimo, ci arrivo dal punto di vista dell’enunciato, ma mi è molto meno chiaro il percorso necessario per raggiungerlo.
Cari compagni, una serie di affermazioni nel n. 12 di "n+1" ("Abolizione dei mestieri e della divisione sociale del lavoro") ha richiamato in modo particolare la mia attenzione. Eccole riproposte in forma interrogativa: [segue l'elenco che utilizziamo integralmente nella risposta, n.d.r.].
[…] Sarebbe opportuno da parte vostra precisare dettagliatamente i punti da me evidenziati, onde sgombrare il campo da possibili "letture" revisionistiche. Per esempio, a pagina 7, trovo che "il valore si materializza solo quando il prodotto esce dalla fabbrica e si presenta sul mercato". Questa tesi induce a pensare che il valore del prodotto sorga dal suo valore di scambio mentre è vero l'inverso in quanto la "materializzazione" avviene prima del mercato. Infatti il valore è, come spiega Marx, lavoro vivo che si oggettiva nel prodotto come attività sociale astratta e quello che avviene nella sfera della circolazione è solo un cambiamento di forma fenomenica. Se il valore non si fissasse nel valore d'uso non potrebbe espandersi assorbendo continuamente la viva forza del lavoro. Cose note ma che è bene sempre ribadire.
"Può darsi che io sia irrimediabilmente vecchio e rincoglionito, oppure molti, troppi 'isti', ultra-sicuri di sé, pieni di schemini trincia-realtà, per i quali persino Dio è un loro allievo, troppi di questi, dicevo, non riescono a dire che ovvietà grosse come montagne sulla cosiddetta crisi dell'auto. La cosa pare così enorme che verrebbe da dire, come le nonne insegnano qui da noi in Toscana: 'ma i grulli non vedono l'acqua al mare!'.
Io partirei dalla semplicissima constatazione che di automobili non bisogna costruirne di più, dato che, specialmente in Italia, ce ne sono fin troppe. Il mio dilemma parte invece dal fatto che nessuno parla dell'argomento dal punto di vista comunista, cioè senza cedere alla tentazione di 'entrare nel merito' e quindi abbassarsi a porgere suggerimenti ad Agnelli su come fare 'di più e meglio'. A me sembra che non solo politici e sindacalisti, ma anche ultrasinistri durissimi e purissimi, stiano raggiungendo vertici un tempo creduti inarrivabili di tragi-farsesco attivismo 'partecipativo', nella migliore tradizione corporativa che fu fascista. Ci vorrebbero le severe e pedagogiche parole di un bambino (non a caso, nella favola) per svegliare tutti costoro al grido: 'il re è nudo!'.
Esprimo il mio compiacimento per l’uscita di "n+1" e prendo l’occasione per alcune osservazioni. A pag. 15 leggo: "se tutto funzionasse come all’interno di una fabbrica non ci sarebbe più capitalismo". A pag. 41 leggo: "l’intero sistema della produzione capitalistica sarebbe già utilizzabile così com’è con … la mancanza al suo interno delle categorie di valore (il prodotto diventa merce solo quando lascia il ciclo produttivo ed arriva sul mercato)".
Questo discorso mi sembra scorretto. In Marx si legge chiaramente che il processo di valorizzazione ha luogo nella sfera della produzione, cioè in fabbrica, ed è là che dev’essere erogato il tempo di lavoro socialmente necessario.
Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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